Questi due articoli trattano del tema dell'identità e della solidarietà, per quanto riguarda l'Unione Europea. Ho scelto di centrare il mio commento sui tre aspetti essenziali analizzati negli articoli. Dapprima, gli articoli evocano l'identità europea di oggi : quell'identità è basata su una tradizione culturale, storica, politica e economica comune. Habermas ci dà una lista dei componenti di questa tradizione : “il cristianesismo e il capitalismo, la scienza e la tecnica, il diritto romano e il codice napoleonico, la forma di vita urbana e borghese, la democrazia e i diritti umani, la secolarizzazione dello Stato e della società...” Zaki Laïdi fa lo stesso tipo di lista, citando qualche esempio dell'eredità europea, ad un livello piuttosto socio-economico : “un travail cher, une protection sociale élevée, des standards qualtitatifs élevés, des normes environnementales très exigeantes...”
[...] Habermas mostra fino a che punto questo comportamento “individualista” è negativo e indebolisce la credibilità dell'Europa sulla scena internazionale. L'esclusione dei paesi più deboli non dovrebbe accadere, i paesi più avanzati dovrebbero piuttosto servire da “locomotiva” per gli altri. L'idea di solidarietà tra le nazioni europee è totalmente assenta della visione di Gordon Brown, come mostra il secondo articolo. Lui rappresenta tipicamente la tendenza individualista e anche egoista dell'Europa : si oppone all'armonizzazione fiscale e all'aumento delle risorse communitarie che servirebbero ad aiutare i paesi economicamente più deboli. [...]
[...] Oggi, infatti, siamo entrati in una crisi politica profonda, il cui “catalizzatore” è stato la crisi dell'Iraq, come lo sottolinea Habermas all'inizio del suo articolo. Ci mostra che c'è una doppia spaccatura tra gli Stati membri : spaccatura tra paesi anglosassoni e continentali, e tra i paesi della vecchia Europa e quelli che sono appena entrati nell'Unione europea. Queste due divisioni hanno mostrato che l'Europa non era capace di mettersi d'accordo sulla sua politica estera, cio che ha costituito una perdita di credibilità immensa per l'Unione europea sulla scena internazionale. [...]
[...] Commento di articoli : Europa, l'identità perduta (J.Derrida e Jürgen Habermas), e “Selon Gordon Brown, l'Europe ne sert à (presque) rien” (Zaki Laïdi, in Le Monde) Questi due articoli trattano del tema dell'identità e della solidarietà, per quanto riguarda l'Unione Europea. Ho scelto di centrare il mio commento sui tre aspetti essenziali analizzati negli articoli : le radici e le specificità di una eventuale identità europea, gli ostacoli alla formazione di quell'identità, sopratutto il livello ridotto di solidarietà tra gli stati, e la necessità per l'Europa di sviluppare e approfondire un'identità politica al livello internazionale, per avere un peso proprio di fronte all'egemonia americana. [...]
[...] Ma l'Europa non puo avere questo ruolo se non ostenta un progetto politico unico e coerente, in cui tutte le nazioni si mettono d'accordo su una posizione comune, e un'identità politica comune. Quando Gordon Brown, quindi, afferma che l'Europa non serve a niente perché è troppo piccola per affrontare i problemi mondiali, si capisce l'immensa difficoltà di questo progetto. Tuttavia, il trionfo delle valori kantiani, evocate da Habermas, non potrà succedere senza l'Europa, che costituisce l'unica alternativa potente all'egemonia americana. [...]
[...] Anche Tony Blair, attualmente presidente del Consiglio Europeo, ha dimostrato la sua posizione “anti-solidale” : per limitare al massimo l'imposta britannica al bilancio comunitario per il periodo 2007- 2013, ha proposto, lundedi scorso, di ridurre la spesa, e particolarmente quella che riguarda l'aiuto regionale. In questa condizione, un'identità e una solidarietà europea sembra difficile da nascere. Eppure, l'Europa ha bisogno di essere più forte, più unita, se vuole avere un peso significativo sulla scena internazionale. Il passato comune degli europei ha influenzato l'idealismo del dopo guerra, con la convinzione che si deve rispettare le norme internazionali, e evitare a ogni costo il ricorso alla guerra. [...]
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