Italia e Francia "sono due paesi diversi per storia, strutture economiche, maturità civile e interessi geopolitici. Ma sanno di potere attingere liberamente ai loro rispettivi patrimoni politici e culturali. Sanno da sempre (...) che ciό che è francese puό diventare italiano, e viceversa. Le regole vale per l'arte, la moda, la musica, la gastronomia, il costume. Perché non dovrebbe valere anche per la politica? "
Con queste parole, sembra che Sergio Romano abbia riassunto la complessità delle relazioni fra la Penisola e l'Esagono, relazioni che hanno conosciuto momenti molto importanti da Napoleone fino a oggi.
Queste relazioni sono multiformi e riguardano tutti gli aspetti della società, tanto più che la grande sorella latina ha avuto molto influenza sulla recente Repubblica transalpina. Potremo parlare di intimità.
Quest'influenza si vede soprattutto negli ambienti culturali dell'Ottocento, periodo durante il quale l'Italia sta per unificarsi. Gli italiani d'allora si sono nutriti della letteratura francese. Victor Hugo, Alexandre Dumas, Henri Murger, Antoine-François Prévost, sono degli autori incontornabili. Zola è considerato come il Maestro. Pittori come Signorini, Modigliani, Boldini o Chirico scegliono Parigi come capitale della loro arte. Per quanto riguarda la poesia, i maestri indiscussi sono Mallarmé e Rimbaud. Negli anni Trenta, l'influenza artistica francese è ancora molto vivace. Gli italiani vedono come mostri sacri i film di Carné, Duvivier e Renoir. Il francese appare come una seconda madrelingua.
Perό, a certi momenti, questo rapporto di forza si rovescia e l'influenza italiana predomina. Cosí, il Futurismo, all'inizio del Novecento, suscita l'interesse degli ambienti culturali francesi.
L'influenza esercitata dall'Esagono è anche politica. I membri dell'Associazione nazionalista conoscono bene le visioni dell'Action Française e le analisi di Maurras e Barrès. Mussolini usa gli slogan di Proudhon e Blanqui. La sinistra italiana ha una sintonia politica con il socialismo francese. L'antifascismo anche lui è francofono. Sergio Romano sottolinea che la Francia è un Esempio, il maggiore interlocutore della cultura italiana e la principale fonte delle istituzioni politiche, quel che è rinforzato dal fatto che molti italiani considerano essere nati grazie all'aiuto di Napoleone III.
Peró, le relazioni fra questi due paesi latini non sono state sempre cosí semplici e amichevoli. Questi legami non sono senza alcune divergenze, tra cui per quanto riguarda i sistemi politici.
I confronti cominciano nel mezzo dell'Ottocento. Italiani e francesi si disputano nel 1859, quando Napoleone III decide d'interrompere le operazioni militari contro l'Austria e costringe Cavour a dimettersi. Dal 1870 alla Grande Guerra, il modello politico seguito dall'Italia non è il sistema francese ma tedesco. Bismarck è un esempio a immitare. Si litigano anche nel 1881, quando la Francia conquista la Tunisia, dove abitano allora circa 30 000 italiani. E la stessa cosa quando l'Italia nazionalista del primo dopoguerra contesta le ingiustizie del trattato di Versailles. Si litigano ancora quando l'Italia decide di sostenere Franco in Spagna contro un governo che assomiglia a quello francese. Si vede che l'esempio non manca e aumenta durante il Ventennio fascista. Questo periodo contribuisce a aumentare la frattura politica fra i due paesi : la Francia è considerata come un regime imbelle, sterile e governata da notabili mentre che l'Italia si mostra militarista, natalista e fiera di essere condotta dal Duce.
Ma dopo 1947, comicia una lunga luna di miele fra i due paesi. Dal 1948 al 1958, i due sistemi politici si assomigliano. Molti accordi sono firmati. Sono insieme sul fronte occidentale della Guerra fredda e appartengono tutti i due alla Comunità europea per il carbone e l'acciaio. Questa coppia è essenziale nel quadro del processo di costruzione europea. E il motore dell'integrazione comunitaria. Tuttavia, la politica agricola comune, i veti francesi all'adesione del Regno Unito e l'asse franco-tedesco irritano la Penisola. L'armonia è dunque talvolta turbata. Ma c'è una costante : una naturale affinità che spiega perché l'analisi di queste relazioni rimane appassionante.
Quest'"Amicizia difficile" è l'oggetto di questo libro basato su delle conversazioni fra due uomini che rappresentano bene i due paesi. Infatti, abbiamo Sergio Romano per l'Italia e Gilles Martinet per la Francia.
Il primo, nato a Vicenza nel 1929, è storico e editorialista del Corriere della Sera. Collabora a diverse pubblicazioni italiane e internazionali. Il secondo, nato a Parigi nel 1916, è giornalista e politico. Fu direttore dell'Observateur, segretario del Partito socialista unificato, segretario nazionale del partito socialista e deputato europeo. Fu anche Ambasciatore di Francia in Italia dal 1981 al 1985. Il libro è stato pubblicato nel 2001.
Vedremo la storia e l'evoluzione delle relazioni fra la Francia e l'Italia. Analizzeremo anche l'impatto dell'attualità su queste relazioni.
[...] Questo periodo contribuisce a aumentare la frattura politica fra i due paesi : la Francia è considerata come un regime imbelle, sterile e governata da notabili mentre che l'Italia si mostra militarista, natalista e fiera di essere condotta dal Duce. Ma dopo 1947, comicia una lunga luna di miele fra i due paesi. Dal 1948 al 1958, i due sistemi politici si assomigliano. Molti accordi sono firmati. Sono insieme sul fronte occidentale della Guerra fredda e appartengono tutti i due alla Comunità europea per il carbone e l'acciaio. Questa coppia è essenziale nel quadro del processo di costruzione europea. [...]
[...] Ma Napoleone III non ha un gran talento militare e non crede alla possibile emancipazione totale della Penisola. Quest'alleanza è dunque molto debole. Roma è il cuore dei conflitti fra i due paesi. Fino a Sedan, la città è sulla protezione dell'esercito di Napoleone III. Quest'ultimo non vuole deludere gli ambienti cattolici. Nel 1870, la sconfitta francese di Sedan firma la caduta del Secondo Impero e inaugura l'edificazione definitiva del regime repubblicano in Francia. In Italia, il Papa perde il sostegno francese. E costretto di cedere. [...]
[...] Nel dopoguerra, il generale de Gaulle fa tutto il possibile per marcare una distanza tra la Francia e l'Italia sottolineando che la prima ha vinto e che la seconda ha perso. Un momento, ha pensato occupare la Valle d'Aosta. De Gaulle non vuole che l'Italia sia un paese potente che potrebbe fare concorrenza alla Francia. Quest'idea irrita molti italiani che ormai rifiutano riconoscere alla Francia alcun superiorità. Peró, benchè de Gaulle abbia quest'atteggiamento, le relazioni fra i due paesi sono amichevoli. Una luna di miele comincia fin dal 1947. Il periodo del dopoguerra è un periodo di decolonizzazione. [...]
[...] Questa scelta è essenziale anche perché cambia l'orientazione espansionistica italiana. Ormai, il disegno è l'Europa danubiana e l'Adriatico. L'Italia avrebbe potuto scegliere la neutralità. Ma non dobbiamo dimenticare che a quel periodo cerca a fondare la sua legittimità. La guerra le da l'occasione di affermarsi nell'arena politica dei grand paesi. Se avesse scelto la neutralità, si sarebbe imposta nella comunità internazionale con minore credibilità e minore vigore. Nel 1914, l'Italia deve dare al mondo prova della sua capacità di combattere. [...]
[...] Peró, alla fine della guerra, Kemal lancia una rivoluzione che restaura l'unità turca. Perde la parte già distribuita tra i francesi e gli inglesi ma riesce a riconquistare la parte che doveva essere sotto controllo italiano. Il trattato di Versailles è un pomo della discordia tra Francia e Italia. Gli alleati considerano che l'Italia è equamente ricompensata ottenendo Trento, Trieste e l'Istria. Ma secondo la Penisola, quest'accordo è una delusione. Nutrisce il sentimento di “vittoria mutilata”che sarà sfruttato dal Duce. [...]
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