La Convenzione europea per la salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e delle Libertà fondamentali prevede, per assicurare il rispetto degli impegni risultanti dalla Convenzione, un sistema di garanzia atto a risolvere tutte le possibili controversie in merito alla violazione dei diritti e delle libertà fondamentali in essa riconosciuti. Le procedure, previste da tale sistema, sono contenute nei titoli II-IV della Convenzione.
La struttura del meccanismo di garanzia, in origine, prevedeva la creazione di due organi: la Commissione europea dei diritti dell'uomo (istituita nel 1954), la Corte europea dei diritti dell'uomo (istituita nel 1959) e il Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa.
Secondo il precedente art. 20 della Convenzione, la Commissione europea dei diritti dell'uomo era composta da un “numero di membri uguale a quello delle Alte Parti Contraenti” i quali esercitavano le loro funzioni a titolo individuale. I membri della Commissione erano eletti dal Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa a maggioranza assoluta dei voti, su una lista di nomi formulata dall'Assemblea Consultiva. I Commissari duravano in carica sei anni, con possibilità di rinnovo (ex art. 22).
Essi partecipavano alla Commissione a titolo individuale, godevano di assoluta autonomia rispetto allo Stato di appartenenza e non poteva essere attribuita loro alcuna responsabilità in merito alle decisioni ed opinioni espresse nell'esercizio delle loro funzioni. Per la presentazione di un ricorso alla Commissione, quest'ultima provvedeva a verificarne la ricevibilità secondo i criteri dell'art. 22 vecchio testo.
[...] Esso decideva, entro tre mesi dalla trasmissione del rapporto della Commissione, ogni qualvolta non veniva adita la Corte. Il Comitato di filtro giudicava in via definitiva se il caso presentava un problema importante di interpretazione ed applicazione della Convenzione. Il Comitato dei Ministri decideva a maggioranza dei due terzi e fissava un termine entro cui lo Stato doveva adottare le misure richieste per dare esecuzione alla sentenza. Se lo Stato era inadempiente, il Comitato stabiliva altre misure e pubblicava il rapporto della Commissione. [...]
[...] In realtà, accade che gli Stati condannati non sempre si uniformino alle indicazioni delle Corte europea dei diritti dell'uomo. Cfr. Nascimbene, B., La Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, in “Studium Iuris”, V 1999, p Per un esame del cammino che ha condotto alla realizzazione della Corte europea dei diritti dell'uomo Cfr. De Schutter, La nouvelle Cour européenne des droits de l'homme, in Cahier de Droit Européen p ss. Cfr Bultrini, Antonio, Il Sistema di Protezione dei Diritti fondamentali del Consiglio d'Europa un tentativo di bilancio in occasione del cinquantesimo anniversario della prima organizzazione paneuropea: qualche ruga e molte sfide aperte, in La Comunità Internazionale, LIV pp 147. [...]
[...] Ciascuno Stato membro presentava tre candidati. I candidati dovevano “godere della più alta considerazione morale e possedere i requisiti per l'esercizio delle più alte funzioni giudiziarie o essere dei giureconsulti di riconosciuta competenza”. I giudici duravano in carica nove anni ed erano rieleggibili. Il mandato del Presidente e del vice Presidente era di durata triennale e rinnovabile. Quando la Corte veniva investita di una causa, questa, provvedeva alla costituzione di una Camera giudicante, formata da tredici giudici, di cui nove effettivi e quattro supplenti. [...]
[...] L'art della Convenzione prevede il trasferimento di competenza alla Grande Camera: la causa pendente innanzi ad una sezione solleva una questione grave relativa all'interpretazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, o se la soluzione di una questione può portare ad una contraddizione rispetto ad una sentenza precedentemente emessa dalla Corte, la sezione in qualsiasi momento precedente all'emissione della sua sentenza può trasferire la competenza alla Grande Camera, a meno che una della Parti non si opponga.” Il trasferimento di competenza è deciso dalla Camera, che può decidere in tal senso se non è ancora intervenuta una sentenza in merito. Le parti possono opporsi a tale trasferimento, entro un mese mediante obiezione motivata. In questo caso, si avrà un giudizio senza possibilità di riesame. La Corte, secondo l'art par del Regolamento, decide in via definitiva sulla sussistenza o meno di una violazione della Convenzione, a maggioranza. La sentenza deve essere motivata (art par della Convenzione). La Corte si limita a verificare l'esistenza o meno della violazione nel caso sottoposto alla sua disamina. [...]
[...] L'udienza dinanzi alla Corte era aperta al pubblico. Ad essa partecipavano un delegato della Commissione, i legali del ricorrente e i difensori dello Stato convenuto. Il dibattimento si svolgeva nelle lingue ufficiali, inglese e francese. La Corte poteva autorizzare i difensori ad esprimersi nella loro lingua nazionale. La Corte si riuniva in camera di consiglio per procedere ad una deliberazione provvisoria sull'esistenza o meno della violazione. Se la decisione della Camera non era unanime, questa aveva facoltà di rinviarla alla Grande Camera, composta dai membri della Camera originaria, oltre sei giudici effettivi e due supplenti estratti tra i restanti. [...]
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