Uno dei nodi principali de martiniani, messo a punto nel mondo magico e mai abbandonato nelle sue indagini etnologiche, è la tesi della crisi della presenza come rischio di non esserci nel mondo e la scoperta di un ordine di tecniche, alle quali appartengono e magia e religione, destinate a proteggere la presenza dal rischio di perderla.
La presenza è un bene elementare e fondamentale e va difesa dal costante rischio di dissoluzione mediante una tecnica rivolta a proteggerla e garantirla come presenza e come personalità. L'esserci, inteso come presenza al mondo, rischia costantemente di veder crollare l'orizzonte storico-culturale in cui è inserito, perciò è impegnato a controllare i momenti critici e a rinnovarsi continuamente riaffermandosi.
[...] Il mito Achilpa delle origini racconta l'opera di fondazione da parte di Nambakulla, in una località del lontano sud, Lamburkna. Partendo da questa località, Numbakulla compie una serie di peregrinazioni durante le quali fonda i diversi centri totemici locali e ordina i tratti caratteristici del territorio tribale. Una volta tornato al punto di partenza, eregge il palo kauwa- auwa, ricavato dal tronco di un albero di gomma e decorato, prende lo spirito di un uomo Achilpa e lo immette nel churinga da deporre sul disegno totemico, dando così origine al “capo grandissimo” del gruppo totemico del gatto selvatico. [...]
[...] In seguito, apprende gli altri churinga, relativi ai vari capi di tutti i gruppi totemici della tribù, e li affida al “capo grandissimo”, con l'incarico di disseminarli nel territorio tribale. Infine, Numbakulla irrora di sangue il palo kauwa- auwa e invita il capo grandissimo a seguirlo per andare a vedere il suo campo. Il capo grandissimo cerca di seguirlo, ma scivola, mentre Nambakulla ritira il palo dietro di sé. Il palo, dunque, può essere visto come un centro di comunicazione tra i diversi piani cosmici o come un sostegno che impedisce alla volta celeste di crollare sulla terra, ma il palo assolve soprattutto il ruolo di “destorificazione della peregrinazione”. [...]
[...] Con lo spezzarsi del palo viene meno il centro mitico e la possibilità di riscattarsi dall'angoscia territoriale, che dunque insorge inevitabilmente. De Martino racconta ancora - sempre riportando Spencer e Gillen - di due antenati mitici degli Achilpa che abbandonata la comitiva principale privi del palo, giungono all'estremo nord del territorio tribale e che si lasciano morire in seguito all'angosciante e improvvisa rivelazione della distanza storica dal centro. Il mito di Achilpa rappresenta, dunque, l'esempio di come il rischio della crisi può interessare non soltanto l'individuo, ma un'intera società. [...]
[...] La crisi della presenza è frequente quando scarsi sono i mezzi di controllo tecnico della natura (come nelle culture primitive o marginali) o quando una cultura è incapace di proporre nuovi valori efficaci (come appare dai limiti della ragione borghese). Nel breve saggio “Angoscia territoriale e riscatto culturale nel mito achilpa delle origini”, De Martino si propone di analizzare la forma che il riscatto culturale assume nella mitologia di questo gruppo di aborigeni australiani, partendo proprio dai concetti di “crisi della presenza” e del relativo riscatto, già utilizzati all'interno del mondo magico. La crisi nel caso degli Aranda, tribù dell'Australia centrale, è costituita dall'angoscia territoriale. [...]
[...] Il riscatto è, invece, costituito dalla riplasmazione mitologica del territorio. Prima di analizzare il mito, De Martino spiega il motivo per il quale gli indigeni spesso si rifiutano di abbandonare la loro patria o come, strappati ad essa, sentono l'impulso a tornarvi di quando in quando e in ogni caso a morirvi. Questa spiegazione risiede nel fatto che essi credono nella preesistenza degli spiriti, cioè credono che gli spiriti dei membri del gruppo preesistevano in luoghi determinati del rispettivo territorio fino alla incarnazione e che dopo la morte ritorneranno in quei luoghi ad aspettare la reincarnazione. [...]
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