Vittorio Alfieri nacque ad Asti nel 1749 da una delle più nobili e facoltose famiglie del Piemonte. Dopo la prematura morte del padre, fu iscritto all'Accademia militare di Torino, frequentata dai rampolli della nobiltà piemontese, dove rimase fino al 1766. Terminati gli studi e stanco della monotona vita aristocratica, viaggiò per l'Europa, soggiornando in Spagna, in Portogallo, in Inghilterra, in Olanda, in Germania, in Francia, in Svezia, in Russia, non riuscendo però a colmare quel vuoto interiore, quell'insoddisfazione di fondo, che ne inquietava lo spirito. Non era mai contento il giovane Vittorio, né delle intense, ma fugaci relazioni amorose instaurate con donne conosciute durante i suoi soggiorni all'estero, né delle città che visitava: trovò brutta Parigi ed eccessivamente austera Berlino.
[...] Ma anche la libertà può essere considerata una passione altrettanto potente, un impulso che porta l'uomo a superare ogni limite, a contraddire le leggi della realtà per annullare se stesso nel gesto tragico ed estremo del suicidio. E una concezione che ritroviamo come elemento ispiratore di non poche commedie dell'Alfieri. Ma in questo trattato, come nelle tragedie, la vita politica appare semplificata, risolvendosi nel contrasto drammatico tra due figure eccezionali ed opposte: il tiranno e l'eroe di libertà, entrambe accomunate da un individualismo estremo e dal ripudio dei principi che regolano l'esistenza. [...]
[...] Per quanto riguarda la metrica, all'arte poetica dell'Alfieri risulto particolarmente congeniale il sonetto, che ben si adattava alla concentrazione lirica che fu tipica della sua poetica. In tale scelta fu condizionato dall'ammirazione sconfinata che nutrì per il Petrarca, che considerava il suo maestro e dal quale ricavò la necessità di stemperare il proprio tormento interiore in una poesia che ne rivelasse la vera umanità. La sua vena lirica raggiunge il culmine nelle poesie che esprimono alcuni aspetti del suo carattere, quali, ad esempio, la malinconia, l'insoddisfazione, l'irrequietezza, I'angoscia, la solitudine, ma anche in quelle che, prodotte nell'ultimo periodo della sua vita, contengono una profonda meditazione su mistero della morte. [...]
[...] Vittorio Alfieri Vita ed opere Vittorio Alfieri nacque ad Asti nel 1749 da una delle più nobili e facoltose famiglie del Piemonte. Dopo la prematura morte del padre, fu iscritto all'Accademia militare di Torino, frequentata dai rampolli della nobiltà piemontese, dove rimase fino al 1766. Terminati gli studi e stanco della monotona vita aristocratica, viaggiò per l'Europa, soggiornando in Spagna, in Portogallo, in Inghilterra, in Olanda, in Germania, in Francia, in Svezia, in Russia, non riuscendo però a colmare quel vuoto interiore, quell'insoddisfazione di fondo, che ne inquietava lo spirito. [...]
[...] Il despota infatti, spinto dal desiderio di dominio, resta solo ed avversato da tutti ed è costretto, da questa solitudine disumana, a reagire instaurando un clima di terrore e di violenza sui quelli che restano sottomessi solamente per viltà d'animo. Nobiltà, esercito e religione sono infine i tre puntelli del potere del tiranno. Il secondo libro contiene la riflessione sulla possibilità di vivere liberamente anche sotto la tirannide. L'uomo che vuol essere libero, deve trascorrere la propria esistenza in solitudine, negare ogni collaborazione al despota. Inoltre ha due modi per porre fine alla tirannide: il suicidio o il tirannicidio, cioè l'uccisione del despota. [...]
[...] L'autobiografia La prima stesura della Vita, I'autobiografia dell'Alfieri, si ebbe a Parigi nel 1790; la seconda, rivista ed aggiornata con l'inserimento delle vicende successive e fino al 1803, si ebbe nel 1804. Scopo dell'opera era di tramandare alle generazioni successive un resoconto esauriente dell'esperienza esistenziale del poeta piemontese, nonché un ritratto particolareggiato della sua personalità, che fornisse un contributo allo studio dell'individuo e della psicologia umana. Per questo motivo, I'Alfieri preferì esporre le sue memorie in modo critico e non romantico, riflessivo e non nostalgico. [...]
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