Pur non avendo una poetica organica e coerente la scapigliatura ha già alcuni caratteri di un movimento d'avanguardia: 1) il ribellismo giovanile, ch esi traduce in una vita sregolata e maledetta, che può portare a droga e suicidio; 2) protesta antiborghese e anticonformistica; 3) designazione del lettore come “nemico” e del mercato come una minaccia per l'arte; 4) rifiuto della tradizione; 5) interartisticità, tendenza (teorizzata da Giuseppe Rovani) a coniugare fra loro arti diverse: per esempio letteratura, musica e pittura. Praga fu pittore e poeta, Arrigo Boito poeta e musicista.
Il nome deriva dal romanzo di Cletto Arrighi La scapigliatura e il 6 febbraio. Un dramma di famiglia, dedicato a una rivolta mazziniana avvenuta nel 1853 a Milano. Il termine designa la rivolta dei giovani d'ingegno: “questa casta, o classe, serbatoio di ogni disordine, della imprevidenza, dello spirito di rivolta e di opposizione a tutti gli ordini stabiliti, io l'ho chiamata Scapigliatura”. Le premesse erano già nel titanismo o satanismo romantico, nella rivolta di Byron e altri contro il potere, contro l'ordine della natura e di Dio e poi anche nel romanzo realistico, in Stendhal e Balzac (anche se da prospettive diverse) contro la mentalità utilitaria, borghese, calcolatrice, cioè nella dicotomia reale/ideale. La novità sta nella valorizzazione del disordine in quanto tale e nel disprezzo dell'ordine in quanto tale, più che in un ordine spirituale alternativo all'ordine morale, in una più dichiarata opposizione alla mercificazione e museificazione dell'arte.
[...] Per scoprire che cosa ne è di lui, va a Verona e dietro a una porta ascolta Remigio che ride di lei con un'amante. In un caffé apprende che tutti conoscono la storia di questo disertore che fa bella vita grazie ai soldi di una contessa. Si reca alla fortezza e denuncia il tenente che viene fucilato. La novella può essere considerata come una demistificazione dell'amore romantico puro e sublime: è vile Remigio, e non meno vile in fondo la contessa Livia offesa nel suo orgoglio aristocratico e romantico. [...]
[...] Da Baudelaire desumono i temi del peccato, della caducità, della morte nascosta nella bellezza del corpo femminile, della degradazione della vita moderna. Ambiscono a un astratto ideale ma non trovandolo scelgono di rappresentare il Vero, con intento polemico di demistificazione, e arrivando quindi a idealizzarlo non in quanto morale ma in quanto più autentico, meno ipocrita. Gli scapigliati oscillano dunque fra motivi, come il senso del mistero e dell'ignoto, che saranno poi ripresi dal decadentismo e motivi realistici che saranno ripresi dal verismo. Preparano sia gli esiti del verismo che quelli del decadentismo. [...]
[...] Se quindi ideologicamente gli Scapigliati si riallacciano a Foscolo e Leopardi, solo nella loro prosa si può riscontrare una certa continuità con Sterne e il Foscolo minore. La loro poesia nasce da un disfacimento della poesia romantica, e trae ispirazione da Baudelaire, ma senza riuscire a trovare un suo linguaggio veramente originale e innovatore. Il vero rinnovamento della lirica italiana avverrà solo con Pascoli e d'Annunzio con Gozzano) nella cui poesia andrà però persa parte della loro audacia e originalità di pensiero, che sarà ritrovata solo da Pirandello, dopo la crisi, l'esaurimento, il disfacimento della linea verista. [...]
[...] Sperimentalismo degli scapigliati sia nel linguaggio e nelle forme narrative che nei contenuti. Sul piano linguistico commistione di registri linguistici diversi, aperture al dialetto, al gergo, a termini scientifici, il vocabolario letterario è così ampliato. Anche nel romanzo strutture divaganti e centrifughe, estranee al modulo del narratore onnisciente, esempi stranieri come Hoffmann, Jean-Paul, Sterne e Poe. Fra i migliori narratori i due Boito, Tarchetti, Faldella e Carlo Dossi. In Fosca il protagonista, Giorgio, ha una relazione con la bella e solare Clara quando conosce, in casa del suo colonnello, Fosca, donna bruttissima e gravemente malata, scheletrica e spettrale, simbolo di caducità e di morte. [...]
[...] Il nome deriva dal romanzo di Cletto Arrighi La scapigliatura e il 6 febbraio. Un dramma di famiglia, dedicato a una rivolta mazziniana avvenuta nel 1853 a Milano. Il termine designa la rivolta dei giovani d'ingegno: “questa casta, o classe, serbatoio di ogni disordine, della imprevidenza, dello spirito di rivolta e di opposizione a tutti gli ordini stabiliti, io l'ho chiamata Scapigliatura”. Le premesse erano già nel titanismo o satanismo romantico, nella rivolta di Byron e altri contro il potere, contro l'ordine della natura e di Dio e poi anche nel romanzo realistico, in Stendhal e Balzac (anche se da prospettive diverse) contro la mentalità utilitaria, borghese, calcolatrice, cioè nella dicotomia reale/ideale. [...]
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