Cecco Angiolieri nacque a Siena al 1260, Cecco era figlio di messer Angioliero, un agiato notabile iscritto alla potente Arte del Cambio, poi divenuto frate guadente, con il quale ebbe aspri scontri. Dal Canzoniere di Cecco si apprende che il padre ostacolò la relazione amorosa del poeta con una certa Becchina. Con la madre le cose non andavano certo meglio: questa, dopo la morte del marito aveva stretto una tenera amicizia con due scrocconi, Min Zeppa e Ciampolino, non condivisa dal figlio che li definì la trinità.
Cecco si sposò ed ebbe dei figli i quali, dopo la sua morte, avvenuta nel 1312, rinunciarono all'eredità per non dover pagare i debiti che il padre aveva accumulato durante una vita disordinata e dissipata. Cecco Angiolieri fu testimone della società del suo tempo: ebbe gusti plebei ed un'originale personalità poetica che attinge il realismo alla lingua del popolo. Cecco fu un poeta nuovo, ma nel contempo capace di riprendere i motivi della poesia tradizionale. Era un laico ed un realista, anche se la realtà da lui descritta risulta dispersa in tanti episodi, frammenti, occasioni.
[...] La sua filosofia distruttiva si stempera in una divertita dissacrazione, come del resto avviene nella struttura stilistica del sonetto che, nella prima parte, presenta una costruzione anaforica e ripetitiva, tendente ad un crescendo distruttivo, mentre, nell'ultima parte, pur presentando la medesima costruzione, si risolve in un divertimento gioioso. Infatti il componimento non è che un gioco letterario. L'intero sonetto è pervaso dal gusto del paradosso: l'ipotesi con cui comincia ogni versi fossi fossi vento”, fossi le intenzioni successive (“arderei il mondo”, tempesterei”, annegherei”), il rovesciamento dei principi ispiratori delle massime istituzioni. Sullo sfondo del sonetto sono visibili l'insoddisfazione e l'amarezza dell'autore; nelle parole si possono cogliere la stizza, la beffa, il sogno, che trasformano la ribellione in gioia espressiva. [...]
[...] Ed è forse questo il limite maggiore di Cecco Angiolieri: l'incapacità di gestire poeticamente le emozioni ed i sentimenti; infatti alla sua arte è mancato il senso della misura, come del resto alla sua vita. Ma la sua poesia resta sempre un mirabile esempio di realismo e di concretezza, anche se più verbale che sostanziale. Tra i sonetti più rilevanti del Canzoniere si ricorda “S'i fossi foco, arderei mondo”, in cui si rivela tutto l'atteggiamento dissacratorio del poeta che anela a distruggere i valori della società del suo tempo. [...]
[...] L'ultima terzina del sonetto rivela come in fondo Cecco abbia voluto proporre un gioco letterario. Il divertente paragone richiama le usanze dell'uccellagione, uno dei divertimenti preferiti della ricca borghesia medievale: trarre un soldo di mano al padre, anche la mattina di Pasqua quando volentieri si dà la mancia, sarebbe più difficile far pigliar la gru ad un bozzagro”, il che è impossibile, perché la gru è grande e vola in alto, mentre il bozzagro è un piccolo rapace inadatto alla caccia. [...]
[...] Questa sorta di frammentismo psicologico evidenzia a volte una contraddizione tra gli umori dell'autore ed il linguaggio utilizzato per esprimerli. Psicologia personale e poesia quindi s'integrano sempre nella produzione letteraria di Cecco Angiolieri: dai contenuti dell'una non si può risalire alle espressioni dell'altra e viceversa. Per alcuni egli è stato un drammatico, per altri un letterato amante del paradosso; per altri ancora un mimo di se stesso, un attore che recita davanti ad un pubblico che applaude divertito. A causa dell'insanabile dualismo presente nell'uomo e nel poeta, non è possibile racchiudere la personalità poetica dell'Angiolieri in una formula critica che la comprende tutta. [...]
[...] Egli fu il poeta di umori, passioni e capricci intensi, ma passeggeri. In molti suoi sonetti l'amore diventa un cruccio se non viene corrisposto, porta alla disperazione, alle lacrime facili perché non è stato appagato; del resto, anche l'odio nei confronti dei suoi genitori dipendeva dal fatto che essi non gli concedevano i soldi necessari per i suoi vizi. Cecco era un insoddisfatto per natura, dal temperamento passionale, che desiderava più di quanto effettivamente potesse avere, che amava una donna più di quanto non ammettesse, che odiava più di quanto il ripicco non gli suggerisse. [...]
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