Le opere minori in volgare più significative dell'Ariosto sono le Satire e le Commedie. Le Satire sono sette e rientrano in un genere che veniva utilizzato per polemizzare ironicamente contro alcuni ceti sociali, le autorità politiche, la vanità femminile. Il modello seguito era generalmente il poeta latino Orazio. L'Ariosto, seguendo infatti il modello dei Sermones di Orazio, si convinse della necessità di non allontanarsi mai dalla rappresentazione della realtà, per cui ricorse ad un racconto che doveva essere arricchito da considerazioni tipicamente personali e da contenuti autobiografici. Cosi le sette Satire appaiono simili a “confessioni”: sincere introspezioni, scevre di qualsiasi polemica nei confronti dei costumi del tempo. Dubbi, speranze, delusioni, insomma i moti della vita interiore dell'Ariosto e la descrizione dell'ambiente in cui egli si muoveva, sono i motivi centrali delle Satire, rivissuti attraverso la creazione poetica.
[...] Insomma il poeta ha perduto canto, il gioco, il quest'ultima è un'evidente allusione al distacco dalla sua donna, Alessandra Benucci, e degli amici. Il poeta ha perduto perfino il desiderio di scrivere versi. Sa bene che l'incarico di governatore, e per giunta in quella regione cosi inospitale, non è adatto a lui, costretto dalla necessità ad accettarlo, per cui è da perdonare, e da compiangere, non certo da accusare d'incapacità e d'indolenza come fa spesso il duca. L'amarezza si mescola alla nostalgia del “nido natio”, per il poeta luogo dell'amore e della poesia, da lui sentiti intimamente congiunti. [...]
[...] Ad ogni buon conto, egli rivendica la sua piena realizzazione di uomo libero all'interno della sua famiglia e come uomo di lettere. Non manca nemmeno di criticare la vita di corte, ma, nel ribadire la sua dignità di uomo libero, passa alla più generale riflessione sull'impossibilità dell'uomo di conseguire una piena felicità nel corso della vita. Infine, attraverso la favola del pastore e della gazza, l'Ariosto ricorda l'amaro episodio dell'incarico presso la Curia romana: la delusione provata dal poeta lascia il posto all'ilarità che nasce dalla descrizione dell'abbraccio e del “santo bacio” con cui il pontefice lo congedò in quell'occasione. [...]
[...] Egli si rivolge al fratello Alessandro che, con l'amico Ludovico da Bagno, ha accettato l'offerta del cardinale. A loro l'Ariosto dà l'incarico di placare l'ira del prelato, giustificando i motivi del proprio rifiuto. Come in tante delle Rime e delle Satire, si coglie un felice esempio di espressività psicologica da parte del poeta, che rivela il proprio carattere bonario, pacato, amante della quiete, capace di osservare se stesso con sorridente distacco. Ma nelle terzine di questa satira si coglie anche l'animo fiero del poeta, la sua dignità che ripudia ogni forma di servilismo e di adulazione. [...]
[...] Le Satire di Ludovico Ariosto Le opere minori in volgare più significative dell'Ariosto sono le Satire e le Commedie. Le Satire sono sette e rientrano in un genere che veniva utilizzato per polemizzare ironicamente contro alcuni ceti sociali, le autorità politiche, la vanità femminile. Il modello seguito era generalmente il poeta latino Orazio. L'Ariosto, seguendo infatti il modello dei Sermones di Orazio, si convinse della necessità di non allontanarsi mai dalla rappresentazione della realtà, per cui ricorse ad un racconto che doveva essere arricchito da considerazioni tipicamente personali e da contenuti autobiografici. [...]
[...] I toni eligiaci si dileguano alquanto, al termine della satira, nella piccola favola del cavallo di Mauritania donato al Veneziano che alla fine resta a terra con il fianco e con la spada rotta per aver osato un'impresa che non era adatta a lui. Per quanto concerne la matrica, i versi sono endecasillabi riuniti in terzine ed in rima secondo lo schema ABA, BCB. [...]
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