Commento di Letteratura sul ventottesimo ricordo dei Ricordi di Francesco Guicciardini, nel quale condanna l'ipocresia e la corruzione dei preti.
[...] Tuttavia, abbiamo anche visto che, come Machiavelli, Guicciardini ha fatto passare il suo interesse prima la morale poiché ha finto di amare la grandezza loro allorché sapeva il carattere indebito di quel rispetto. Ma nella posizione in cui era, si troveva nella necessità temporanea di sottomettersi. E quella deferenza finta non impediva la lucidità interiore, una lucidità che la critica qualificherà spesso di cinismo inaccettabile. Pero, abbiamo visto che la morale è almeno salvata dalla conoscenza interiore del bene. [...]
[...] Ma occorre notare che Guicciardini non si presenta come il nemico della religione cristiana, ma soltanto dei preti che pretendono accaparrarsela. La violenza anticlericale dell'autore non viene cosi di motivi teologici ma soltanto di considerazioni morali. Da altre parti, ha ricevuto un'educazione cattolica tradizionale. L'adesione a Luther non si sarebbe spiegata dunque dal rigetto della religione cristiana ma dall'indignazione di Guicciardino verso i preti corrumputi. Le ultime parole salgono di un gradino nella violenza del discorso. L'autore parla di questa caterva di scelerati Caterva significa una moltitudine confusa di persone. [...]
[...] Possiamo subito notare che questo ricordo è un discorso, e di per sé si puo' trovare nel testo numerosi segni che traduscono la presenza della soggettività dell'autore : per esempio le espressioni io non so a chi dispiaccia più che a me el grado che ho avuto con più pontefici el particulare mio arei amato o ancora non per liberarmi Parole come odioso o caterva di scelerati traduscono anche la sua presenza. Tutto questo indica che Guicciardini dapprima si da a un regolamento di conti con i preti. [...]
[...] Quella ragione è personale : come l'abbiamo visto, Guicciardini ha frequentato durante la sua carriera, per undici anni, i papi Leone decimo e Clemente settimo. E se ha accettato di servirli malgrado la sua indignazione per la loro ipocrisia era per il suo proprio interesse el particulare mio Quando dice m'ha necessittato a amare in realtà vuole semplicemente dire m'ha necessittato a (fingere di) amare a meno che sia possibile di sforzarsi ad amare. Quei papi dunque, li prendeva in orrore ma fingeva di amarli perché, nella posizione in cui era, era più vantaggioso e più prudente per lui, anche se li odiava e li disprezzava in mente. [...]
[...] Per concludere, abbiamo visto l'ampiezza dell'indignazione di Guicciardini riguardo al comportamento dei preti. La requisitoria è allo stesso tempo appassionata e razionale : ci sono soltanto due frasi ben'organizzate con un ritmo agitato per un ricordo di quattordici righe, come se l'autore usasse tutta la sua energia in questa denonzia. Abbiamo notato che quella carica non era diretta verso la religione cristiana ma piuttosto verso la corruzione dei preti. Pero, Guicciardini afferma che avrebbe potuto seguire Luther per porre fine a quella corruzione clericale: si pùo dunque vedere che per lui le considerazioni morali prevalgono sulle considerazioni religiose. [...]
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