Analisi letteraria sul sesto canto del Purgatorio tratto dal poema sacro della Divina Commedia di Dante Alighieri, un'opera fondamentale del Medioevo.
[...] La situazione del suo tempo è paragonabile ad un "grand tempesta" e ad un "bordello" perché nessuno sembra ordinare questa patria, è un po l'anarchia. L'Italia è scosso per terribili eventi che non arriva a gestire, sembra come impotente di fronte alla crisi interna che attraversa. In particolare nella quarta terzina, Dante si rivolge a suo paese come ad una personna quando dice "Cerca, misera". Secondo l'autore, non c'è un luogo in Italia dove regna la pace. Le sue parole ci appaiono un po come un grido di disperazione. [...]
[...] L'autore sembra nostalgico del tempo dove l'Italia era potenta, tale la regina del mondo. A partire dalla sesta terzina, si rivolge alla gente e le consiglia di essere devota, di seguire l'insegnamento di Dio e di lasciare l'imperatore governare, perché non è ad esse di farlo. E esattamente quando la popolazione ha voluto occuparsi del potere, che l'Italia è sprofondata. Per qualificare il potere, l'autore utilizza il campo lessicale della cavalleria con le parole "sella", "sproni", "predella" e "arcioni". Il regno di Alberto Tedesco: L'Italia è, all'inizio del brano, paragonata ad un "nave sanza nocchiere". [...]
[...] La Divina Commedia, Il Purgatorio, Canto VI. Dante Alighieri, definito come il padre della lingua italiana, è nato nel 1265 a Firenze ed è morte nel 1321 a Ravenna. La Divina Commedia fu scritta tra il 1307 e il 1321, in terzine incatenate di versi endecasillabi, in lingua volgare toscana. La Commedia è una delle più importanti testimonianze letterarie della civiltà medievale e una delle più grandi opere della letteratura universale. Il poema è diviso in tre parti, chiamate cantiche: l'Inferno, il Purgatorio e il Paradiso in cui il poeta narra un viaggio attraverso i tre regni ultraterreni che lo condurrà fino alla visione della Trinità. [...]
[...] Percio Dante dice nell'ottava terzina Alberto tedesco ch'abbandoni costei ch'è fatta indomita e selvaggia". Il suo padre, poi lui, hanno trascurato la popolazione che fu abbandonata a se stessa mentre aveva bisogno di essere specialmente inquadrata. Alla fine del brano, Dante spera che il cielo punirà questo Re di Roma per che questo servisca di lezione ai suoi successori. Ma è importante sapere che Alberto Tedesco, anche conosciuto con il nome di Albert 1er, era un imperatore del Sacro Romano Impero Germanico, e dunque per avere questo titolo era indispensabile avere quello di Re di Roma, ma non aveva nessun potere sulla città che il papa governava. [...]
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