Caritas ed Infirmitas sono due nozioni e due valori centrali della spiritualità cristiana.
Le loro svariate implicazioni, che siano dottrinale, religiose, pastorali o sociali, hanno sfociato durante il Medioevo in comportamenti particolari di tutti i credenti e hanno preceduto alla creazione delle istituzioni di assistenza giocando un ruolo importante nel congegnamento della società.
Nelle sue numerose accettazioni, la carità (valore e nozione nuova, espressa nei Vangelli e sviluppata per il patriottismo) segna nitidamente la differenza tra la nuova tradizione cristiana, gli orientamenti “filantropici” della Antichità tardiva ed i precedetti ebrei di assitenza.
Ma come si organizza questa carità e questa assistenza nell'Occidente del Medioevo?
Dunque, si tratterà di vedere la definizione delle nozioni di carità e di assistenza (I), la medicina nel Medioevo (II), l'ospedale medioevale (III), la lebbra e la peste (IV).
[...] La novità di queste nozioni portate da Cristo risiede nella reciprocità tra il nostro amore verso Dio e l'amore di Dio per l'uomo. Risiede inoltre nella consuetudine e nella intimità di questo amore nell'insieme paterno, filiale, fraterno, e che supponga rapporti più stretti e sensibili che quelli che legano al suo Creatore e Signore. Un'altra innovazione è la natura al tempo stesso versatile e personale di questo legame. L'amore di Dio fa di noi tutti i suoi figli, appartenendo dunque a una sola patria. [...]
[...] E' alla volta un penitente e una occasione di far penitenza, di assolvere gli atti di carità che sanano altri. L'infirmitas essendo indifferenzata ed il primo scopo della assistenza essendo la salvezza della anima, si sviluppò durante l'alto Medioevo una carità senza discriminazione. Dunque, non aveva forme e luoghi di assistenza differenziati per il povero, il vecchio, l'orfano o l'infermo. Non aveva soccorso specifico per malattie ed infermità determinate, né distinzioni precise tra quelli che avevano più che gli altri il “diritto” al soccorso. [...]
[...] L'infirmitas lei stessa non designa più una debolezza generale e indefinita, né una situazione disperante ma “normale” e costante nella umanità: rappresenta piutosto carenze del corpo, carenze temporanee, specifiche e ben rivelabili. I valori e le condizioni agglutinate al seno della infirmitas cominciano ad affrancarsi dei loro legami reciproci. Nello stesso tempo, la carità lei stessa si struttura. Se appare sempre come una virtù e una offerta, è anche considerata come una attitudine quasi naturale, propria al'uomo. Dunque, non c'è più l'infirmitas che è considerata come “naturale”, ma la misericordia. [...]
[...] Non aveva neanche distinzioni tra quelli che dovevano sovvenire. Tutti i cristiani, spesso i più sciaguri, avevani il dovere di imitare il Cristo nei suoi atti di misericordia che i Vangeli presentano come essendo stati gratuiti e dettati unicamente per la carità pietosa. II) La medicina nel Medioevo La ambiguità dello statuto della medicina profana Questa ambizione alla salus animae non favoriva la ricerca nella sanitas corporis, la salute promessa per la medicina grazie alla utilizzazione di modi profani ed umani. [...]
[...] Le stratificazioni naturali e simboliche dell'alto Medioevo cominciano a scogliersi. E' dunque a questo momento che il clerico ed il medico possono mantenere scambi e collaborare, abandonando i conflitti e le sovrapposizioni. III) L'ospedale medioevale L'ospedale in generale San Gregorio di Nazianzo[1] (329-390) è il primo a descrivere l'ospedale cristiano. La città della quale parla è Cesaria in Cappadocia, e la nuova fortezza della carità che si situa alle sue porte (vicina al monastero) è l'ospedale. Era stato per il presule San Bailio (329 379) nel 370, per siccorrere i poveri ed i vecchi, accogliere i lebbrosi e curare gli infermi. [...]
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